Azucena con un canto che infiacchisce anche l'ascoltatore, dice a Manrico, ch'ella oppressa omai dalla stanchezza si abbandona al sonno. L'idea della morte ha tanto compresa l'anima della Zingana, ch'ella deposta pure la sua fierezza, scioglie un mesto e dolce canto. Manrico prega il cielo che alcun fantasma non venga a conturbare l'ultimo sonno della madre; e la soavità della preghiera è rotta da un crescente dello strumentale, ove tu vedi l'orrore che desterebbe l'apparizione di quei fantasmi. Termina il mestissimo duettino in una cara canzone, ove Azucena dice a Manrico ch'essi ritorneranno ai monti loro, mormorando la quale ella si va addormentando sempre accompagnata da' conforti taciti di Manrico. II sonno che scende sulle stanche palpebre di Azucena, il sopore che le si diffonde per la vita e che a poco a poco l'addormenta, è ritratto in questo punto: a misura che ella chiude gli occhi al sonno, il suo canto e quello di Manrico vanno diradando, sfumano, e dinotano l'addormentarsi. Ed ella dorme.
Ma pel giovane sfortunato si preparano novelli affanni. La prigione si schiude; appare Leonora, e Manrico corre ad abbracciarla. La Musica in questo momento con note caldissime ritrae il contento del prigioniero, che nel punto più amaro di sua vita rivede la creatura che l'amò. Qui l'anima è combattuta dal terrore e dal piacere, ma questo rompe ogni varco, e Manrico scorda la morte istessa, per lanciarsi nelle braccia di Leonora. Ma sono segnati e brevi gl'istanti del piacere per quel giovane che il fato fe' segno delle sue persecuzioni.
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