Ora il dolore, nel principio del Salmo pieno di fede e di' speranza, in questo settimo o tredicesimo verso, che trovasi toccare già la fine del Cantico, incomincia a dileguare, perché il peccatore col piangere in luogo di andar rimettendo la speranza del perdono, la vede ridursi ad effetto, onde egli sente rifiorire in lui la gioja non altrimenti che la virtù, e non è più prostrato di cuore. Però nel dire al Signore Redde mihi laetitiam, il dolore lascia luogo alla gioja che si prova nel chieder cosa di cui si conosce l'infinito diletto, e che si è certo di ottenere. E a fine di produrre un esempio pallido, ma reale, possiamo paragonar David ad un amante, stato diviso lunga pezza dalla sua amata, e che nel rivederla e nel sentirsi restituita la felicità, esclami: Oh rendimi, rendimi, adorata donna, quella gioja che io aveva perduta.
Nell'ottavo versetto è bene adattata la Musica sulle parole libera e exultabit. Sul libera la nota una volta è sommessa ed un'altra elevata e forte, indicando con ciò che David prega Dio, da prima umilmente, e poi ferventemente e a modo di scongiuro. Quelle instantissime voci che a Dio si volgono sono in conseguenza la manifestazione di un quasi famelico desiderio del perdono, che punge e crucia il peccatore, il quale usando ingratitudine contro Dio, sentesi divenire di lieto infortunatissimo. Sull'exultabit, la Musica esulta davvero.
Il verso che segue aggiunge oltremodo alle bellezze del primo del Miserere e dell'Amplius, le quali cose formano per me le più inspirate e divine creazioni del Maestro.
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