Sull'espressione holocaustis non delectaberis v'è una frase piena di tanto amore di Dio, e di tanto sentimento della purità della divina grandezza, che diffonde per l'animo mirabile soavità, e pone in evidenza il pensiero dominante il verso, cioè che Dio non guarda i sagrifizi di animali, e quando li guardasse non ne prenderebbe compiacimento alcuno, tanto è da natura nobile e sublime; onde al peccatore resta di offrirgli un amore purissimo, e l'intimo pentimento dell'animo. E la certezza inconcussa che Dio tenga a vile i sagrifizi di animali, il Mercadante l'ha benanche espressa col ripetere reiterate volte il non, colla qual cosa termina questo verso, di cui il Mercadante può andare veramente superbo.
Il decimo verso sembrami debole d'incontro a bellezza siffatta, ed io non sono pervenuto a coglierne il concetto in mezzo all'intreccio delle voci, forse perché un lavoro sì profondo ha d'uopo di esser sentito meglio che tre volte, a fine di essere ben compreso. Qualunque se ne sia la cagione, egli è certo che io non ho animo di parlarne.
La fuga del Miserere che riposa sulla seconda parte dell'ultimo versetto, è volta ad esprimere il contento da cui è invaso il peccatore riconciliato con Dio; ma sembrami il neo che si rinviene su' corpi bellissimi. Abbiamo detto che quelle frasi sono disadatte al Miserere, che mancano di gravità, e quest'ultima frase, a parer mio, inclina alquanto alla frase profana.
Ed ecco i molti espedienti posti in opera dal Mercadante per ridurre in atto un Miserere moderno.
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