Né il Verdi ha mai peccato a questo modo, poi che altri, ben altri sono gli errori dei grandi. Nell'istesso Boccanegra si trova una stretta al finale del primo atto, la quale riesce confusa, perché l'Artista volendo incalzare troppo isolatamente le parole del Dramma ha sperduto la melodica fluidità del canto. In questa stretta non è da condannare l'uso dell'arpa, siccome istrumento contraddittorio al sentimento espresso dal Dramma, perché al contrario, come notava un mio amico fornito di gusto gentilissimo e di sottile intelligenza, l'arpa rende acconciamente la purità della Giustizia che colle parole si chiede. Ma è ben da rimproverare il non aver inteso che in quella situazione tutti gli animi si unificano in un solo sentimento, onde una frase che tutti li comprendesse, avrebbe prodotto maggiore e più vero effetto di quella soverchia varietà che genera alquanto di frastuono. Solo Paolo Albini si divide dalla massa, e forse sarebbe stato bello spiccarlo dall'insieme e fargli gridare Giustizia nel modo ingannatore, velato e pauroso che tien l'uomo colpevole. Io ripeto che nel Verdi l'errore è da tenere sempre siccome conseguenza non del caso, ma di un pensiero, e il pensiero credo sia l'avere stimato bello e nuovo il generare coll'Arte una copia del frastuono prodotto dalla massa che confusamente grida Giustizia. Ma non si ponga in obblio che l'Arte è idealizzazione e non imitazione della Natura, e che nella Musica anche il frastuono deve essere condotto ad armonia. Opinando che la Natura debba essere renduta fedelmente, l'Arte si riduce ad una inutilità, poiché inutile è la ripetizione, e a questo modo non spiegheremo né anche l'esistenza del Coro, il quale è fatto interamente artistico e non di Natura.
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