Convengo ch'è mestieri ubbidire alle leggi del ritmo, ma il grande Maestro di Musica può pretendere che il Poeta disponga altrimenti le parole onde non si dia in simigliante sconcio. Adunque nel Boccanegra incontriamo due estremi, imperocché da una parte il Verdi dà talvolta, contro dell'usato, ne' motivi superficiali, e dall'altra straripa nella forma drammatica, o meglio, pedissequa di troppo delle parole. Ma non vediamo punto quel difetto di melodia che altri vorrebbe notare, se già per melodia non si voglia intendere la tarantella; scorgiamo invece una profonda stromentazione e alcuni pezzi grandissimi che a me pare segnino un progresso evidente nel suo stile, e lo facciano di più avanzare verso quel punto medio di cui abbiam parlato nell'Avvenire della Musica. Io sento nel Boccanegra l'aura dell'Alemagna, rimanendo tuttavia in Italia. Il Dramma è seguito molte volte con mirabile determinazione senza che venga offuscata la purità della melodia, e nell'orchestra non v'ha strumento il cui suono sia accidentale, di guisa che tu il possa togliere impunemente, poi che togliendolo rovinerebbe il tutto di cui esso è parte integrante. Ciò non è cosa nuova nel Verdi; ma in quest'Opera il veggo seguire siffatto metodo con maggiore decisione; se non che quel barcollare qualche volta tra stili non contrari, ma contradditori, toglie un poco alla sua Musica la vita dell'unità. Infine, per conchiudere, dico, che se da questa Opera si eccettuino due cabalette, la stretta del finale al primo atto, e qualche altra cosa accidentale, il rimanente forma un progresso nell'Arte.
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