Credo si sieno raramente pubblicate lettere più gioconde di queste, di cui alcune scritte da un Arlecchino a Sovrani: altre da Sovrani ad un Arlecchino.
In Lei, caro Enrico, tutti amano e stimano il gentiluomo simpatico, che ha tutte le delicate qualità dell'artista, l'Editore che ha saputo farsi il cooperatore de' letterati più illustri (non parlo per me!) e che ha dato un sì fecondo impulso, con tanta serietà di propositi, alla industria fiorentina.
Vorrei dirle che Ella è per ciò popolare, che tutti rendono omaggio al suo ingegno, alla sua finezza, alla sua operosità: eccetera, eccetera...
Lei sa che questo eccetera è la più grande espressione: è ciò che è stato detto di meglio su tutte le questioni.
Evviva gli sposi! - È il grido del
Firenze, 17 novembre 1895.
suoJARRO
Le prove d'ingratitudine che ho ricevuto da' miei contemporanei, tra' più insigni, non mi tolgono di pensare che questa lettera possa esser accolta nella collezione delle mie lettere, fedelmente riprodotte (salvo le buste e i francobolli) che si pubblicherà un giorno sotto il titolo di Epistolario d'un uomo celebre: ben inteso quando sarà morto come Arlecchino: e non da secoli come lui, ma da un giorno... Allora, si può affermare con certezza, saranno cessate le persecuzioni e le ingratitudini; poichè, nel nostro paese, basta esser defunti per acquistar tutte le più rare qualità. Su le tombe non si gettano che fiori - di retorica. L'epitaffio è il miglior modo che si sia trovato per goder di una buona reputazione - un po' tardi!
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