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      Dopo tre secoli, vediamo inuzzolire per la stessa cantaride istrionica, invanire per lo stesso farnetico, più d'uno!
      Antico è il dissenso fra gli attori: antichi fra esseri, tanto commovibili, i puntigli sorti dalle convenienze di palcoscenico, che già ispiravano sì felicemente a burlarsene, nel modo più leggiadro, il padre della Commedia italiana.
      Come oggi, anche allora - vedete che nulla cambia nel mondo e si parla tanto di progresso! - gli attori andavan di frequente da una Compagnia all'altra: non trovavano mai, nè capocomici, che ne apprezzassero tutto il genio, nè camerati, che s'inchinassero abbastanza!
      Da Cremona, il 4 decembre 1595, il Martinelli scrive a un familiare del Duca di Mantova:
     
      Quello che V. S. si à da operare per me si è che dica a Sua Altezza S.a se si vole servire di me questo carnevale, de la mia parte in comedia, chel mi comandi che ad ogni minimo suo cenno io sarò prontissimo a venirlo a servire: et se mi son partito dalla Compagnia di Pedrolino, io ne ò auto mille occasioni, benchè (?) vogliono essere patroni et non compagni, et io non essendo uso a servire, mi pareva che mi facessero torto: et per questo e per altre cose, io mi son partito, ma non sono anco stato il primo, che tre o quattro altri si son partiti inanzi di me per tante insolencie che costoro usano a' suoi compagni.... V. S. mi dia avisi qui in Cremona, nella Compagnia della signora Diana, comica, et può indirizare le lettere a messer Giambatista Lazarone, comico, che lui me le farà avere, et la prego, dentro o fora darmi aviso a ciò sapia quello che ò da fare.


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L'epistolario d'Arlecchino
(Tristano Martinelli 1556-1631)
di Tristano Martinelli
Editore Bemporad Firenze
1896 pagine 61

   





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