Orsù - scrive Arlecchino al Granduca - per venire a proposito del nostro incominciato ragionamento, io la suplico, prego, consiglio, et comando espressissimamente che, subito veduta la presente, la non manchi di fare quanto gli ordino e comando in questa et in altra mia, che sarà di subito dare ordine al Monte della Pietà di Firenze che mi dipinghino su quel libro creditore delli suddeti settecenti ducatoni.
Sono quelli che sopra ha chiamato i settecento fratelli carnali. Era un deposito di denari da lui guadagnati in Ispagna.
A beneplacito - prosegue la spiritosa lettera - del molto illustre signor Arlecchino de civitate Mantoanarium Comicorum Vestrorum servitororum, tanto del capitale quanto degli uttili, et che subito comincino a lavorare a ciò si guadagnino il vito et che non stiano in otio....
Prega poi il Granduca di mandargli la polizza a Milano:
perchè nell'andare che io farò in Francia passarò per Milano et me li farò dare.... Ella sappia, adunque, conservarsi l'amicitia mia, si com'io so' risoluto di preservarmi la sua in secula et infinita seculorum.
La lettera è in data del 20 marzo 1597, e, per lo stesso tempo in cui fu scritta è uno de' documenti di prosa; fra i più curiosi, mi sembra, che abbia la nostra letteratura.
L'altra lettera a Ferdinando è in data del 28 luglio 1597; comincia:
Perchè siate sicuro che vi voglio bene et che ve amo non tanto per li meriti vostri quant'è per l'util mio
e finisce con la firma
Aff.mo Amicho et quasi fratello Tristano Martinelli, deto Arlechino
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