Io me ne vive inanti con la mia famiglia per Savoia, et dieci giorni sono, pasando per Vercelli, trovai il S.° Duca de sua volontà, o de sua voia, il quale era un quarto de milia lontano di verze ch'el faceva pasar la sua armata; et vedendomi mi chiamò et mi adimandò dove era i comedianti, perchè el voleva de le comedie; io gli dissi il tutto; al fine el mi donò il mio solito tributo, che è un cavalo, sempre che paso per Turino, ma, perchè i cavalli erano tutti impediti, el mi donò un mulo di ducati 60, et intendendo che il Re (Luigi XIII) et Mad. sua sorella aveva tenuto un mio figliuolo a battesimo et che mia moglie era gravida, el me dise che voleva esser mio compadre ancor lui; io stavo in dubio di acetarlo, et poi, consideratis, considerandi, considerai, che se dicevo di non lo volere per compadre el non mi dava el prefato mulo.... Sì che io lo accettai ancor lui in l'accademia d'i miei compadri, che non è poco favore questo io gli ò fatto....
Si veda, dunque, che importanza aveva Arlecchino e come non gli mancassero motivi di vanto; e ciò è sì vero ch'egli non si perita, scrivendo a sovrani, o a gentiluomini, parlare di sè, al plurale, con questa formula di prammatica
....la nostra arlechinesca persona!
IV.
Ora vediamo quanto fosse arduo, anche tre secoli or sono, tener d'accordo gli attori, formar buone Compagnie, conciliar tutti gli estri, gli esagerati amor proprii, le pretese infurianti sul palcoscenico!
Si tratta di formare la Compagnia, che Arlecchino deve condurre a Parigi, per la seconda volta.
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