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      Ma bisogna, sopra tutto, accostumare i nostri giovani artisti a udir la verità, che pochi possono lor dire, e dalla quale si sono dissuefatti, tanto riesce loro incomportabile. Alcuni smaniano, all'udirla: minacciano di mordere: come se non fossimo straziati abbastanza dall'averli sentiti abbaiare.... Certi Attori ci fanno paura in un solo momento - quando recitano! La verità si deve dire anche a' migliori, forse infatuati troppo di sè. Bisogna porgere ad essi, come si porgono a certi fanciulli, abbenchè ripugnanti, le medicine onde s'aspetta la loro salute.
      Torniamo al nostro Arlecchino.
      Un giorno la regina di Francia vedendo che le bizze dei comici e delle comiche non quietavano, scrive al duca di Mantova.
     
      Mio Nipote,
     
      Il Re, mio signor figlio, ed io avendo desiderato di avere una buona compagnia di comici italiani, ho scritto ad Arlecchino di formarla al più presto possibile, ma io temo che, senza il vostro comando, e la vostra intromissione, non possa fare la Compagnia così completa come io desidererei. Perciò vi prego di ordinare a' suoi commedianti, che stimerete buoni personaggi, particolarmente a Florinda e a Flavia, di accordarsi insieme e disporsi a partir subito. Assicuratili che tutti ritorneranno contenti.
      MARIA.
     
      E innanzi la Regina avea scritto ad Arlecchino (3 settembre 1612):
     
      È necessario fare il vostro possibile per vincere le difficoltà di quelli della vostra Compagnia ed insieme assicurarli che mai nissuna Compagnia di commedianti è stata tanto bramata in Francia, come sarà la vostra: essendo perfettissima, secondo mi assicurano.


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L'epistolario d'Arlecchino
(Tristano Martinelli 1556-1631)
di Tristano Martinelli
Editore Bemporad Firenze
1896 pagine 61

   





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