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Il biglietto d'ingresso era stato dunque di dieci soldi. Il soldo francese rispondeva allora a quindici centesimi nostri: il prezzo d'entrata era stato quindi d'un franco e mezzo. S'incassavano 220 ducati, circa millecinquecento lire: in quattro recite!
Sarebbe una ottima media, anche oggi, per una delle nostre Compagnie più importanti.
E in altra lettera, da Lione (26 agosto 1613):
Arrivando a Chambery l'Ecc.mo signor marchese di Lanoze governatore ne fece un affronto di ducatoni cinquanta per una comedia et pagò tutte le spese cibatorie alla Comp.a et poi giungessimo qui (a Lione) dove il luoco tenente del sig. Governatore con tutti questi signori ne fecero pregare, et ne accomodò una stanza a sua spesa et per forza ne ànno fatta fare in publico quatro comedie....
E da tali linee, abbiamo pure un'indicazione assai importante sulla specie di Teatri in cui recitavano al pubblico: una stanza qualsiasi, cioè, accomodata per tale scopo.
Abbiamo veduto, anche nel nostro tempo, attori di qualche reputazione tributarsi da sè gli onori di busti, di glorificazioni, più o meno legittime, ma sempre sincere, per la persona da cui muovevano e che le offriva a sè stessa, con indiscutibile spontaneità.
Così Arlecchino, il quale aveva edificato un molino in Bigavello, faceva apporre all'ingresso del medesimo tale iscrizione:
Mi son quel bel Molin de Bigavel
Acquistat d'Arlechin comic famos, ecc.
E, se è il primo, non è certo l'ultimo Arlecchino, che si sia gratificato di epigrafi, o di altre espressioni laudatorie in pietra, in marmo, o magari in autografi.
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