Mancava la patria, perchè attraversati prima dalle gare particolari gli sforzi di chi mirava a rigenerarla; e se nè anco di poi riuscirono i Longobardi a farsi padroni di tutta l'Italia, e crearvi un regno dependente da loro, di ciò si deve accagionare da un lato l'opposizione de' Greci, dall'altro la nemicizia de' papi, avendo sempre i papi manifestato uguale avversione all'accordo di tutti i principi italiani ed all'esaltazione di una sola potenza in Italia. Frattanto la città di Venezia, difesa com'ella era dalle sue lagune, ed a niun modo partecipe dei pericoli della terraferma, per usare le parole di un grande nostro scrittore, veniva a poco a poco ordinando un centro tutto italiano, e percorreva una vita tutta propria di un ascendente progresso.
In cotal guisa durarono le cose per qualche tempo; allorchè per le dissensioni religiose cagionate nell'impero d'Oriente dallo scisma di Leone l'Isaurico, molte nostre città scossero il giogo de' Greci, e cacciarono i delegati imperiali. Roma, sciolta parimente dalla soggezione verso i greci imperatori, accettò la donazione de' pontefici, temperata, a vero dire, dal governo dei consoli e del senato, ma principio di grande autorità, e di quella maggior potenza che doveva poi riuscire sì funesta all'Italia.
Agognavano soprattutto i Longobardi il possesso della sede dei papi, impedimento alle facili comunicazioni fra le province loro poste nell'Italia di mezzo e il ducato di Benevento: per la qual cosa, liberati oggimai dalla vicinanza della signoria greca, e già cresciuta la propria, facevano continue correrie sul territorio di Roma per acquistarvi città, castella e aderenze di signori.
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