I successori di san Pietro, non più confortati dalla possanza dei Greci, frenati d'altronde nelle ambizioni loro dalla gelosia delle parti che di continuo si agitavano in Roma, scarse avendo a quel tempo le armi proprie a difendersi, si voltarono ai principi stranieri, e chiesero aiuti ai re di Francia. Questi principi conferirono ai papi con un patrimonio assai esteso la potenza temporale; evinti e cacciati i Longobardi, fondarono in Italia una potestà propria coll'aura dei pontefici romani. Non potè Carlomagno stabilire la sua dimora in Italia, ma nè anco la ridusse a provincia pienamente francese; bensì da papa Adriano fece dichiarare re d'Italia suo figliuolo Pipino, allora in età di sei anni. Le diede leggi ed assemblee proprie, ed alla Francia permise la sovranità dell'alto dominio. Riferisce Muratori, che le leggi si facevano nelle assemblee col voto dei grandi e dei vescovi, coll'assistenza del popolo, e più tardi coll'intervento alle diete dei deputati dei comuni italiani. Tenevansi le generali assemblee in Pavia, sede principale del regno, e si emanavano le leggi in nome del re d'Italia. Alla morte di Carlomagno tornano separate dal grande impero, e fra loro nuovamente divise la Francia, la Germania e l'Italia. Rimase la prima potente per unità nazionale; seguitò la seconda ad agitarsi lungo tempo fra le interne fazioni prima che si potesse stabilmente costituire; divagò la patria nostra ogni dì più nelle sue aderenze a qualche principe italiano o straniero, perchè non ordinata a nazione, non padrona di sè, preda di molti, schiava di tutti.
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