Il pericolo, pari per entrambi, riunisce allora in bello accordo papi e imperatori;
Crescenzio è condannato a morte, e con lui si spengono le speranze concette in Italia di gloria, di grandezza e di libertà. Rimosso appena un tale ostacolo, i pontefici levano alto la testa, e parlano da principi assoluti; Gregorio VII non solo si svincola dalla consueta dependenza verso il potere dei Cesari, ma proclama l'autorità delle chiavi superiore a quella dello scettro, e vendica la passata soggezione della chiesa coll'abbassare alla sua volta la maestà dell'impero.
Nuovi ausiliarii venivano intanto al soccorso de' papi i Normanni; i quali presero stanza nell'Italia meridionale, e si riconobbero feudatari della santa Sede. S'aggiunse in breve la contessa Matilde, che l'arricchì di terre vaste e popolose. Diventati per tal guisa grandi di dominio, e cresciuti oggimai nella venerazione dei popoli, i pontefici di Roma che miravano a costituirsi la prima potenza d'Italia, vengono a contesa con gl'imperatori, naturali ed acerbi nemici di qualunque grandezza italiana non dipendesse da loro. Avversi ai forestieri per interesse, nazionali e popolari per ambizione, i papi sollevano le città lombarde contra il primo Federigo al grido di libertà, e s'offrono difensori ed alleati di quelle della Toscana in opposizione all'impero, che pretendeva Antiche ragioni di feudi. Le città della lega lombarda vittoriose a Legnano, riducono infine l'imperatore alla necessità di ripassare le alpi, e questa volta, unica forse nei ricordi d'Italia, la chiesa stretta in confederazione coi popoli, protesse insieme la civiltà contra la barbarie, il diritto contra la forza, la libertà contra la schiavitù e l'oppressione.
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