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      Anelavano i nostri un capo ed un segno che li guidasse, perchè potente il fremito d'independenza, e rimosso l'ostacolo principale della preponderanza tedesca; ma l'impero non aveva dismesso il pensiero di ricuperare la pienezza delle sue prerogative; s'affaticava la chiesa ad estendere la sua autorità, i capitani a consolidare il potere usurpato. Nondimeno, col rinascere delle lettere e delle memorie antiche in Italia, era similmente rinato l'amore della libertà; singolare benefizio dovuto in gran parte a Cola di Rienzo, letterato più che politico e capitano, oratore di tribuna o di piazza più che rigeneratore di città e di popoli. Ma la lega lombarda e Roma, per le ragioni che abbiamo di sopra notate, non poterono aiutare il moto dell'unità e nazionalità italiana; che anzi i papi non contenti di attraversare per gelosia di comando i disegni di chi aspirava a potenza in Italia, spirarono coraggio nei nemici interni ed esterni ed in Carlo d'Angiò; lo eccitarono poi anche a pigliar l'armi contra Manfredi, al quale si levavano le speranze di una nazione italiana unita e independente. Napoli formava da sè solo come uno Stato distinto e separato dalla rimanente penisola per consuetudini politiche e interessi di dinastia; Genova e Venezia, invece di unirsi a salute d'Italia, si contendevano armate il primato sul Mediterraneo, cui aveva rinunziato Pisa vinta e scaduta. In ogni nostra provincia prevalevano interessi proprii e locali; prevalevano negli uomini primi per grado e autorità di dottrina le ambizioni dinastiche e cortigiane; la nazione delusa dagli uni, tradita dagli altri, non sentendo in sè forza vitale che per agitarsi nella sommissione, rimase serva, scorata, parteggiante e divisa.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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