Avrebbe potuto ottenersi la bramata unità, se i tre elementi di cui ora discorriamo, principi, papi e popolazioni, accordatisi insieme fra loro, si fossero stretti in una forza compatta e potente; ma i re erano emuli dei papi, i papi dei re; lo stesso Alessandro III, il gran promotore della lega, sebbene si adoperasse per sottrarre le città lombarde all'impero, fece opera di brevissima durata, perchè non connessa col grande pensiero di creare una nazione italica; concepimento forse superiore al tempo in cui egli viveva per la influenza imperiale che aveva messe profonde radici fra noi. Nè Giulio II, quantunque grande amatore della indipendenza d'Italia, dopo di averla liberata dai forestieri potè riunirla in un corpo solo, prevalendo a quel tempo ora Spagna, ora Francia, ora di nuovo l'impero, e fra i principi italiani chi parteggiava pei Francesi, chi per gli Spagnuoli, chi per gl'imperiali; tanto ancora sormontava la forza dei tempi, dei pregiudizii e delle naturate opinioni! L'unione in mezzo a tanta discordanza di forze, di passioni e d'interessi rendevasi al tutto impossibile. Ne erano migliori i capitani nostri, perchè i più di loro non dediti alla patria, ma presi all'esca delle ambizioni straniere; e più che comandare ad un popolo independente, amavano reggere una provincia sotto la protezione di un principe valente in armi, acconciarsi ai servigii di un imperatore di Germania o di un re di Spagna per cogliere allori in battaglie di niun profitto all'Italia. Rimanevano le popolazioni; ma oppresse dai principi e dai capitani, tenute in soggezione dai papi che temevano i progressi delle libere idee, avvolte nelle tenebre dell'ignoranza dalla prepotente feudalità, non si trovavano in istato di fare da sè, nè d'insorgere armate alla rigenerazione italiana.
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