Sebbene ignoto o trasandato il grande principio delle leghe politiche sapientemente ordinate, forza dei moderni Stati, le repubbliche italiane del secolo XVIII non serbavano però, come all'epoca del medioevo, la solita reverenza loro alla tedesca autorità, nata in tempi in cui le comunali franchigie riconoscevano i popoli dalla benevolenza imperiale, avvalorata dalle sentenze dei giureconsulti bolognesi nella dieta di Roncaglia favorevoli ai diritti dell'impero, ammessa dipoi nel diritto pubblico d'Italia fondato colla pace di Costanza, e radicatasi nella mente degl'Italiani anche versati nella conoscenza delle leggi e delle usanze del popolo. Ma dedite ai traffichi, all'industria ed al posare, quelle assemblee di patrizii e di mercanti stavano contente ad una libertà già svogliata alle anni, municipale, incapace di levarsi col magnanimo sentire fino alla creazione di una patria italiana. Le quali cose tutte, siccome avevano impedito in passato che si potesse fondare una nazione di tante regioni della nostra penisola, così anche sul cadere dello scorso secolo appianarono la strada agli eserciti della repubblica francese a condursi ad assaltare la nemica Austria in Italia. Da sè soli i potentati italiani resistere non poterono al turbine invasore; e la unione si trovò impossibile là dove si vedeva una sì grande disparità d'interessi, di affezioni, di speranze e di mezzi per ottenerla.
La recente invasione dei Francesi in Italia in ciò nondimeno si differenziò dalle passate, che quelle voglionsi piuttosto risguardare quali correrie di soldati per fare impressione con l'armi nel cuore delle province, e assicurarsi della fedeltà dei signori; questa in vece terminò col fondare un dominio ordinato e permanente nella parte centrale della penisola.
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