Agitavasi antichissima in Italia la quistione dell'immissione del Reno nel Po; nel che erasi preso di mira un molto vantaggioso risultamento, quello di facilitare uno scolo alle acque adunatesi nelle valli mantovane, mirandolesi, sanfeliciane, finalesi e pontificie, e molti terreni assai produttivi di quelle contrade, quanto elleno si distendono in lunghezza sino a Ferrara, preservando in avvenire dalle inondazioni, restituire a coltura. Papa Clemente XIII ebbe voluto porvi mano, e diè carico al celebre idraulico Bonati di esaminare la qualità dei miglioramenti da farsi, e fino a qual punto potessero questi condursi con minor danno delle circostanti popolazioni, ed a profitto delle terre dello Stato pontificio; ma la cosa rimase allora senza effetto, avvegnachè creduta di pericoloso esperimento per le campagne del Ferrarese. Ai tempi del regno italico, prevalendo nei reggitori milanesi il pensiero di amministrare la cosa pubblica senza grave pregiudizio agl'interessi e alle sostanze dei privati, ed essendo anzi la maggior parte dei ministri di patria Modenesi, era naturale che si lasciassero facilmente andare ad un amore di municipio, in quanto però s'accordava col vantaggio comune: richiamossi pertanto ad esame l'antico disegno di far entrare coll'aiuto d'ingegnose opere idrauliche il Reno nel Po, e procacciare in tal modo maggiore sicurezza e fecondità ad una immensa estensione di terreni. Speravansi questa volta ottimi risultamenti all'impresa; ma venuto l'anno 1814, tornò il papa alle antiche predilezioni di Roma pel suo Ferrarese, ed il duca di Modena, ligio alla corte pontificia, dismise in tutto il pensiero di proseguire i lavori con tanta spesa incamminati ed abbelliti dal cessato governo.
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