Nè a questo limitò i savii provvedimenti l'amministrazione del regno d'Italia. Era professione antica e fiorente in parecchie città della Lombardia, ed in particolar modo nel Bresciano, quella di fabbricare ad uso di guerra armi bianche e da fuoco, scaduta di poi coll'andare degli anni pei sospetti del governo austriaco, che in caso di un moto lombardo se ne viveva in grande apprensione per l'indole fiera degli abitanti di Bergamo e Brescia. Rivolsero i nuovi dominatori l'attenzione loro a far nuovamente fiorire la fabbricazione delle armi da fuoco, per cui tanta rinomanza avevano anticamente acquistata le officine bresciane, più guardando all'utile che se ne poteva ritrarre, che ai timori che potrebbe quella tolleranza loro inspirare. Incoraggiarono in pari tempo altre manifatture, nuove in gran parte in Italia, stimolo agl'ingegni e alle arti, sommamente profittevoli alla classe dei commercianti; prefissero premii e larghe ricompense a chi avesse fabbricato il miglior zucchero dall'uva e dalle barbabietole; avvantaggiarono i lavori de' panni militari, delle diverse polveriere, degli attrezzi per l'artiglieria ed il treno; ordinarono compre di macchine per la filatura del cotone, del lino, della lana, della canapa, e molto promossero questo ramo d'industria in tutta la Lombardia. Erasi a que' giorni lo Stato appropriate somme vistose coll'incamerare i beni dei soppressi ordini religiosi, e i terreni ricuperati crebbero in poco spazio di tempo a grandissima prosperità per opera di acquistatori ricchi ed industri: il prodotto delle biade, quello in particolare del grano, sopravvanzò nel breve giro di forse sei anni di gran lunga la quantità degli anni passati per un'agricoltura più attiva sopra un terreno fertile ed abbondante (2).
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