Méjan, che per sè non aveva conoscenza alcuna o pochissima degli usi, delle abitudini e degl'interessi degl'Italiani, ma che, travagliato da una straordinaria ambizione e dalla brama immoderata di arricchire, confidava di rendere necessarii al principe i suoi servigii e la sua destrezza nel trattare le faccende governative e politiche, chiamò a formare il suo uffizio (però sotto colore di segretarii particolari) impiegati specialmente conosciuti per la ignoranza loro negli affari di Stato, per commessi ladronecci, e per le dissolutezze alle quali ogni giorno si davano in preda per inveterata costumanza di vita. Vi ammise un preteso emigrato francese, dedito alle gozzoviglie e alla crapula, uso a stimar buono qualunque mezzo valesse a procacciargli larghi guadagni e migliori agiatezze di vita. Vi ammise un biscazziere di professione, che aveva innanzi rubato in Francia l'argenteria dell'abate Sicard, e fuggì poscia da Milano, pubblicamente gridato truffatore, ladro e solenne manipolatore di vergognosi raggiri. Vi accolse un ribaldo già impiegato alle poste, cacciato dal suo uffizio per furti noti ed avverati, e per simili furti cacciato dipoi dalla segreteria dello stesso Méjan, che s'era fatto suo protettore; un antico impiegato del comitato di salute pubblica in Parigi, donde per mala fama di vita venne rimosso all'epoca della incoronazione di Napoleone; un Ispano-Italo-Francese in qualità di traduttore delle lettere e dei decreti emanati dalla segreteria degli ordini vicereali, ma incapace a tale bisogna, perchè mediocremente versato nella conoscenza delle due lingue, italiana e francese(4). Venuti costoro in Italia, non da altro spinti che dalla fame, dalla sete insaziabile dell'oro, e dalla ripruovazione dei buoni che incalzavali da per tutto quasi foriera del giudizio divino, e provveduti d'impiego dalla benevolenza dell'incauto Méjan, in vece di usarne ad emenda, ne usavano come di un mezzo potente a continuare nelle solite intemperanze di vita; poi essi medesimi facevano traffico delle cariche subalterne, poste da loro a prezzo minore di denaro o delle carni sporcamente toccate di qualche oscena meretrice.
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