Alcuni di tali decreti trovandosi incompatibili con gl'interessi, le costumanze e gli statuti del regno, i deputati ad approvarli ne dimostrarono evidentemente gli errori, i danni e l'inconvenienza con ragionamenti parchi e giudiziosi; una sola volta ritennero debito di leali servitori dello Stato il farvi in iscritto le modificazioni prescritte dalle costituzioni del regno, mandandole dipoi a Parigi perchè se ne informasse l'imperatore. Napoleone montò su tutte le furie; trattò gli oppositori, che pure avevano adempiuto all'obbligo loro, ed erano uomini cospicui ed onorati, con parole aspre e villane(5); intimò al tempo stesso all'intiero corpo legislativo di cessare incontanente le sue sedute, ed a ciascuno de' suoi membri in particolare, che non voleva in avvenire osservazioni o rimostranze, abbenchè suggerite dall'interesse della patria, ma obbedienza pronta cieca, sommessa. Accadevano tali cose nei primi tempi della creazione del regno italico. Non mancarono, a dir vero, per queste esorbitanze imperiali insieme e parigine, nè allora nè dopo, le lamentazioni degli onesti e coraggiosi cittadini; ma in quelle prime caldezze di un regno circondato da tanta gloria militare, ed a cui tante illustri vittorie parevano promettere eternità, Napoleone non prevedeva disgrazie. D'altronde gli Stati di tutta la penisola italiana, sì quelli che componevano il regno d'Italia, come quelli ch'erano stati incorporati alla Francia, si vedevano impotenti al risorgere independenti per la eccessiva autorità che pesava sopra di loro; nè l'Austria oggimai abbattuta e sconfortata da tante guerre infelici, nè l'Inghilterra lontana ed occupata in affari di maggior momento, le sole potenze di quel tempo capaci di contrastare vigorosamente alle napoleoniche imprese, si trovavano in grado di concorrere a sottrarre l'Italia alla soggezione in cui si trovava da più anni precipitata verso la Francia.
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