Non pochi certamente fra i letterati nostri risplendevano per sapere, per gusto e per merito insigne di erudite lettere; in altri ancora si osservava, oltre ad una natura italiana molto eminente, un ingegno piuttosto singolare che raro; ma appunto perchè costoro di ogni celebrità letteraria sedevano in cima, e perchè continuamente nei discorsi loro lamentavano i mali da cui trovavasi afflitta la patria, si sarebbe desiderato da essi una maggior temperanza di adulazione nello scrivere, e una maggior dignità nel pensare. Chi, a cagione d'esempio, fra gl'Italiani del secolo decimonono aveva ingegno più potente e fantasia più robusta di Vincenzo Monti? Certo pochi o nissuno. Pure, non avvertendo egli che la poesia è un nobile e sublime ministerio; dimentico della sentenza del divino Platone, che i poeti hanno da Giove la missione di ammaestrare le nazioni, ma che bene queste ammaestrare non si possono fuori che col lodare le cose oneste e vituperare le inique; sforzandosi d'ingrandire il suo eroe, e dalle sue vittorie traendo augurii alla suprema salvezza d'Italia, sdegnò la terra e nomi mortali per andarli a trovare nelle più eccelse regioni del cielo: a tanto di bassezza e a lauto calpestamento della verità e dell'onore italiano potè discendere un primo lume della moderna letteratura, un Vincenzo Monti! E chi fra gli italiani d'allora vantava sapere più vasto e più svariato, mente più capace e gusto più squisito del Cesarotti? lo per me credo, nissuno. Ma Ossian con que' suoi parti boreali, belli invero e pieni d'estro immaginoso, ma tempestosi come la natura che inspirava il bardo scozzese, lo invaghì de' grandiosi concetti; Napoleone colle maraviglie da lui operate nell'armi gli fe' dar la volta, ed il cantore rapito credendo di aggirarsi poetando per gli spazii del sublime, finì per dare nello strano.
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