Mostrò di avere animo e sensi pari all'altissimo ingegno l'egregio nostro scultore Antonio Canova!
Uffizio de' sapienti di una città e di un regno esser dee d'insinuare ai popoli non altro che l'amore del bello e del vero; indurre i principi a concedere agli scrittori, che sono i veri maestri delle nazioni, una giusta larghezza nello scrivere e nello stampare; diffondere in tutte le classi dei cittadini la conoscenza dei comuni diritti e il desiderio della universale civiltà; ricusare del resto i favori che nuocono alla independenza del proprio sentire, solo curando quelli che giovano all'avanzamento della scienza e al decoro della persona. Ma i più fra i letterati di quel tempo non guardavano troppo al minuto in queste cose; e bene di loro potevasi dire con ragione, che praticando continuamente per le sale dei grandi, e più solleciti del giovevole che dell'onesto, ripruovavano talora coi fatti ciò che spesso prendevano ad esaltare con gli scrittiIn condizione non molto dissimile da quella delle lettere, si trovavano in sul principiare del presente secolo in Italia le arti; avvegnachè, a fare attenta considerazione di tale materia, pochi vi si possano noverare gli artisti, massime nella pittura, degni di sedere tra' primi. Gloriavasi la patria nostra del divino Canova, principe della moderna scultura, che riempì colla sua fama i due mondi; gloriavasi di Andrea Appiani, egregio nella pittura, i cui freschi nel palazzo vicereale di Milano ricordavano l'eleganza e la correzione de' migliori nostri pittori; gloriavasi ancora di Luigi Gagnola, che primo in Milano costrusse l'arco della Pace in marmo, opera tanto bella e sontuosa da emulare i più insigni monumenti trionfali dell'antica Roma.
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