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      Diedesi adunque principio alle pensate riforme dall'abolire gli ordini monastici; cosa giusta, necessaria, desiderata dai savi uomini che la riputavano sommamente vantaggiosa alle arti, massime all'agricoltura, ai costumi ed all'economia dello Stato. Seguitarono nelle province del regno d'Italia gli effetti conformi ai desiderii, perchč molte terre dei dianzi corpi religiosi, vendute dal governo vicereale a profitto della finanza,
      migliorarono per opera dei nuovi possessori, e crescevano le rendite dell'erario per lo stanziamento di nuove imposte. Poi gli usciti di convento, non pił independenti, come per lo passato, dall'autoritą dei magistrali civili, non soggetti solamente alle decisioni del foro ecclesiastico e dei loro superiori in Roma, ma sottomessi a riconoscere il governo e le leggi del paese in cui vivevano, diventarono ad un tratto cittadini e membri di un solo e medesimo corpo. Privi finalmente dei soliti mezzi di corruzione che avevano in poter loro, e lontani dai pessimi suggerimenti e dalle arti ribalde di chi li reggeva, rifecero in meglio i loro costumi per non dare appicco ai malevoli, e occasioni di assalirli alla maldicenza.
      Queste prime riforme si compivano assai felicemente, perchč, come abbiamo pił sopra notato, gli animi vi erano universalmente preparati; quanto alle altre che andavano a ferire le pił intrinseche parti della religione, si procedeva pił cautamente, essendo il secolo molle desideroso piuttosto di una salutare emendazione nelle forme degli statuti religiosi, che di una fondamentale mutazione nell'intima sostanza di essi.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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