Il solo Piemonte, posto in mezzo fra l'Austria e la Francia guerreggiantesi in Italia, ausiliario ora dell'una, ora dell'altra potenza, pieno di spiriti guerreschi molto accesi ne' suoi abitatori e nei principi che li reggevano, accresceva secondo i bisogni il numero delle schiere; donde i suoi eserciti sempre grossi, agguerriti e pronti alle militari fazioni. L'invasione francese fece rivivere in Italia lo spirito marziale. Per la prima volta da tempo infinito i giovani lombardi favoriti nelle tendenze loro dalle guerre non mai dismesse del tempo presente, dalla gara di emulare le schiere compagne, dai premii, dalle lodi e dalla perizia dei capi tra' primi del mondo, non più astretti alla obbedienza ed alla venerazione del bastone tedesco, vennero presto in bella fama di guerresche azioni, di soldati prodi, induriti alla fatica; curanti dell'onor militare. Videsi allora un fatto molto singolare; e questo fu, che mentre la gelosia politica e la personale ambizione dei reggitori di Francia disseminavano le milizie italiane nei reggimenti francesi, mandandole eziandio a lontane fazioni per combattervi sotto abito, bandiera, comando ed accento straniero, i soldati del regno italico, recando seco insegne ed assisa propria, sventolando i nazionali colori, il verde, il bianco e il rosso, nelle battaglie di Germania e di Russia, avevano di continuo presenti all'occhio e al pensiero i segni e le emule imprese dell'antica virtù italiana. È lo stesso vessillo, che salutato con effusione di gioia dai giovani dell'età nostra dai gioghi dell'Alpi alle falde dell'Etna, vilipeso poscia da chi lo spiegava in campo a padiglione di un re, aspetta ora miglior tempo a mostrarsi nelle battaglie della libertà.
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