Discutendosi poscia la materia della persona che doveva reggere i destini del nuovo Stato, alcuni opinavano perchè le istruzioni da darsi agl'inviati intorno ad Eugenio fossero le seguenti: Favoreggiassero appresso ai collegati le ragioni del principe al trono d'Italia, per quanto gli sforzi loro si potessero accordare con le mire dei sovrani vittoriosi e gl'interessi della patria; ma non esitassero un momento a fare il sagrifizio delle particolari affezioni verso la famiglia Beauharnais, qualora si trovasse a Parigi la proposta combinazione incompatibile con le regole politiche che si volevano adottare in Europa. Altri in vece osservarono, che nello stato attuale delle cose meglio conveniva agl'Italiani la dimanda esplicita di un principe nuovo, affinchè si persuadessero i confederati che niuna mira avevano essi, la quale soltanto accennasse alla persona di Eugenio. E questa fu la finale deliberazione adottata. Quando così deliberò la reggenza di Milano, non ignorava che alcune pratiche operosissime aveva il principe stesso introdotte presso i confederati in Parigi, massime presso Alessandro di Russia, per essere da loro confermato nel pieno possesso del regno. Non trasandava al tempo medesimo il vicerè certe sue segrete trattative coi generali dell'Austria per avere all'uopo, per la strada che dal Tirolo conduce in Baviera, sicurtà e protezione delle involate ricchezze. E qui forse, a meglio chiarire certi fatti non appieno conosciuti da contemporanei scrittori, gioverà dire come e quando s'incominciassero tali pratiche la prima volta, e con singolare avvedutezza, da Eugenio in Italia.
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