E sta bene, e giova stamparlo ben addentro nella mente allora poco assennata degl'Italiani. Chi ne' momenti di crisi, in cui si risolvono i destini di una nazione, non sa gittarsi avvedutamente al migliore, al solo possibile partito, sempre che non si offendano l'onore e gl'interessi del proprio paese, ma se ne sta peritoso infra due, o si va malaccorto travagliando nelle sofisticherie, costui io dico che non è savio; e non ama la patria davvero.
Mentre si stava a Milano componendo la deputazione di cui abbiamo sopra favellato, alcuni nobili milanesi concertarono l'andata a Genova del barone Trecchi, persona assai conosciuta per le sue tendenze, abitudini, e perfino per le fogge del suo vestire ed incedere all'inglese, non però esperto nell'arti varie e nei ravvolgimenti della politica dei gabinetti. Stimato abile alle prime entrature, perchè si sapeva singolare amatore d'Inghilterra e d'Inglesi, con parecchi de' quali supponevasi entrato in strettissima famigliarità, era stato spedito a Genova presso l'ammiraglio Bentinck, il quale gettava a quel tempo ne' suoi bandi motti di libertà ed independenza italiana, per accertarsi di ciò che in fatto pensasse di questa independenza da lui bandita negli scritti. Ove avessero conosciuto di poter raggiungere per suo mezzo il fine cotanto desiderato, disegnavano in seguito mandare un personaggio capace di condurre la pratica con grande accorgimento, e di comune accordo dar principio ai negoziati(9). Al tempo stesso due generali dell'esercito napolitano stanziato nelle Marche, partigiani mal celati dello idee nuove e di una costituzione inutilmente ìnfino allora aspettata da Murat, desiderosi altresì di salvare il re ed il regno loro dalla rovina minacciata alle creazioni napoleoniche di freschissima data, spedirono a Genova ad abboccarsi con Bentinck. il maresciallo di campo Filangieri onde assicurarsi dell'appoggio e dei soccorsi dell'Inghilterra.
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