A Genova, che mal sopportava la sua cessione al Piemonte, della quale già correvano voci nel pubblico, a Torino, a Milano, a Bologna, ed in altre parecchie cospicue città della nostra terra, s'intendevano, e fra loro a gara si esortavano generali, magistrati e cittadini de' primi, acciocchè da un estremo all'altro della penisola si riunissero insieme le popolazioni malmenate dalle bugiarde ristorazioni de' principi antichi; formassesi un impero dei Romani ed un regno d'Italia uniti, independenti e divisi da Francia; chiamassesi a capo dell'impero Napoleone unico con poteri temperali da patti recenti, con promessa al sire di universale gradimento dal lato dei popoli, con sollecitazioni di personaggi eminenti per autorità, grado, dottrina e ricchezze, i quali instantemente pregavano, e dimandavano non altro che il suo assenso alle concertate cose, il soccorso potentissimo del suo nome e della sua spada, se per tali fatti intimasse nuova guerra l'Europa collegata e tuttavia in armi; si esigessero dall'imperatore pronta accettazione dei patti; profondo segreto per non dare occasioni di sospettare e d'ingelosire ai Francesi che dimoravano all'Elba, o che vi si recassero per visitarlo; pensieri di pace e di concordia dal canto suo, e per ultimo il solito condimento di una costituzione(15). A Torino si tennero in prima varie conferenze, intervenendo quattordici de' consapevoli più influenti d'Italia, due Corsi, due Genovesi, quattro Piemontesi, due del già regno d'Italia, quattro degli Stati romani e napolitani.
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