Di tutti questi divisamenti i deputati favellarono a lungo e pensatamente con Napoleone. E bello era allora l'udire l'imperatore spaziare con la mente vastissima, e con ordine mirabile delineare i felici risultamenti che prometteva all'Italia e al mondo il ristabilimento dell'impero romano. "Sono stato grande", diceva Napoleone, sul trono di Francia, principalmente per la forza dell'armi e per l'estensione della mia influenza sull'intiera Europa. Ho dato alla Francia codici e leggi che vivranno quanto il mondo; ma carattere distintivo del mio regno era sempre la gloria delle conquiste. A Roma io volgerò ad altro e miglior fine questa medesima gloria, splendida come la prima, ma non guidata dagli stessi principii; meno romorosa, ma certo più durevole e proficua, perchè niuna si potrà ad essa paragonare. Farò degli sparsi popoli d'Italia una sola nazione; darò loro l'unità de' costumi che ad essi manca, e sarà questa l'impresa più difficile che io m'abbia tentata fin qui. Aprirò strade e canali, moltiplicherò le comunicazioni; nuovi e copiosi spacci s'apriranno alle rinate industrie italiane, mentre l'agricoltura mostrerà la prodigiosa fecondità dell'italo suolo, e gl'immensi vantaggi che se ne possono ritrarre. Darò all'Italia leggi adatte agl'Italiani. Finora io non potei dar loro che provvedimenti temporanei; tutto sarà da oggi innanzi compiuto; e ciò ch'io farò, sarà eterno quanto l'impero. Napoli, Venezia, la Spezia saranno immensi cantieri di costruzioni navali, ed in pochi anni avrà l'Italia una marina imponente.
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