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      I prelati, alcuni personaggi de' più cospicui di Roma, e sopratutto i preti i quali andavano col papa a quel secondo esiglio, col racconto del faticoso viaggio, dei patimenti sofferti lungo il cammino, e coll'aspetto a bella posta esagerato da quegli astuti delle miserie loro generate, dicevano, dalla invasione dei muratiani fautori del giacobinismo, creavano in Italia generalmente compassione ai fuorusciti, odio ai Napolitani. Accompagnavano il re le rimanenti schiere, ritenendo egli medesimo il comando supremo, ed avendo seco il generale francese Millet quale capo dello stato maggiore; sopraintendeva il generale Colletta a tutte le operazioni del genio, e capitanava il generale Petrinelli l'artiglieria, forte di cinquantasei bocche da fuoco.
      E primamente, per fare che la politica onestasse quello che la giustizia e la umanità ripruovavano, incominciarono Austria e Napoli, prima che con le spade e i cannoni da vicino, a contendere fra di loro con le querele e le accuse da lontano. Scriveva pertanto Murat al suo ambasciatore in Vienna, si appresentasse all'imperatore, rappresentandogli: Essersi sempre il re dal canto suo strettamente conformato al senso del trattato di congiunzione concluso con l'Austria l'anno 1814, ed in tempi difficili per la lega non avere dubitato di soccorrere allo sforzo dell'armi confederate in Italia.
      Averne perciò da lei sperato pronto aiuto e sincere dimostrazioni; ma in ciò essergli andata pienamente fallita la sua aspettazione, e lei anzi avere recentemente, contra ogni giusto sentimento di giurata amicizia, mostrata una straordinaria tenerezza delle cose di Ferdinando di Sicilia con manifesta violazione dell'articolo principale su cui si fondava il trattato, di farlo cioè riconoscere come re di Napoli dagli augusti alleati.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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