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      Tanto poi operò questo spavento sulla immaginazione di Murat, che, ed egli mandò un grosso di cinque mila tra fanti e cavalli, bella tutta e fiorita gente della sua guardia, per sopravvedere le operazioni del nemico, ed i suoi mancarono all'uopo migliore di un fortissimo aiuto. In somma, e Nugent, che con grande artifizio di guerra seppe a tempo moltiplicare ed a tempo ancora usare i suoi soldati, si acquistò nome di perito capitano in tutte queste fazioni, e la dominazione di Giovacchino in Napoli già inclinava al suo fine. I napoleonici fati avevano dato di piglio a Murat.
      Arrivava intanto l'esercito regio con apparato vittorioso a Rimini. E non sì tosto vi entrava Murat, che per fare che l'animo si accrescesse nelle truppe ad affrontare le pericolose fazioni, e l'aspettativa che avea desta di sè in Italia non si raffreddasse, mandava fuori due bandi molto infiammativi, che i più vogliono parto della penna allora liberissima di Rossi. Diceva il primo ai soldati: "Soldati! Il grido di guerra ritorna ad echeggiare tra noi, e la voce dell'onore e della gloria ci chiama un'altra volta a combattere: corriamo adunque alle armi, affrontando in battaglia il perfido nemico che ha violata la fede sacra de' trattati. Desiderava un tempo l'Austria e chiedeva la nostra alleanza, tanto necessaria al buon successo delle sue armi in Italia; ma non sì tosto ha essa creduto di potere impunemente dimenticare la nostra cooperazione e i nostri diritti al mantenimento de' trattati con tanta solennità di promesse guarentiti, che forsennata rivolge le armi contra di noi, a sostegno degl'implacabili nostri nemici; quelle armi, che noi soli or fa un anno validammo col nostro coraggio e il nostro sangue sopra le rive della Secchia e dell'Eridano.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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