Ma non nei soli soldati o nelle sole armi s'affidava Vienna; perocchè, essendo quella guerra, più che di convenienza, di principii, preparava le altre non meno poderose dell'amicarsi i popoli con le piacevoli parole; poscia, com'è costume del gabinetto austriaco, straziarli con gl'iniqui fatti. Pertanto, il dì 5 di aprile, il maresciallo Bellegarde, allora governatore generale per l'imperatore in Lombardia, rammentati in un pubblico bando gli sforzi dei potenti alleati in Vienna per dare la pace e la quiete all'Europa, e biasimata in pari tempo la invasione di Murat venuta improvvisamente ad interrompere l'opera tanto generosa dei principi, così parlava: "Non pago d'ingannare le moltitudini, eccitandole a correre dietro alla fantasima dell'independenza italiana, il re di Napoli vuol trarre in errore gl'Italiani poco prudenti; vuole anzi indurii a credere, che una segreta disposizione a secondare i suoi disegni nutrano quei potentati medesimi che ora appunto rinnovellano i loro armamenti terrestri e marittimi, e che bentosto daranno al mondo una novella prova del concorso loro sotto il vessillo degli stessi principii. E chi può oramai più dubitare, che i potentati riconoscano non potersi sperare pace nè tregua con un uomo, che mette in non cale le proprie promesse, e gli atti di generosità ond'è stato ricolmo da' suoi vincitori?
Lombardi! Naturalmente sincero, e a niun modo vantatore, il governo austriaco vi promise la tranquillità, il buon ordine pubblico ed una amministrazione paterna, ed egli atterrà puntualmente quanto vi ha promesso.
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