Fatti poi venire a sè ventiquattro lancieri di pruovata intrepidezza, così Filangieri parlava loro: "Chi sono costoro che qua vi stanno a fronte, e quasi insultano al valor vostro? Non sono eglino quelli stessi Tedeschi che spesso cacciati con le baionette dagli aperti campi fecero scudo ai petti loro di un ponte o di un fiume? Correte dunque, e vincete; e come a Lodi e ad Arcole innumerevoli Francesi superarono i ponti ed i numi, e la gloria loro fu grande, pochi Napolitani superino ora Santo Ambrogio e il Panaro, e fia la gloria nostra maggiore". Rispondevano i lancieri con esultanti grida al dilettissimo capo loro, li guidasse pure; esser loro prontissimi a mettersi con lui a qualunque sbaraglio. Correva a fronte Filangieri il primo; si serravano i ventiquattro, e arditamente seguitavano; la filangieriana squadra già arrivava sul ponte. Maravigliarono i Tedeschi all'incredibile ardire; si ricordarono di Buonaparte e di Augereau; esitarono, titubarono. Pure il fuoco delle artiglierie loro portò un momento lo scompiglio nella debole squadra, e ne abbatteva sette. Avanti, avanti, gridava con la voce ed accennava col gesto l'intrepido guidatore; ed i restanti diciasette, parte animati dall'esempio e dalle parole del capitano loro, parte avvalendosi di un fumo prodotto da quel trarre tanto orrendo, coraggiosamente riuscirono sulla sinistra sponda.
Ma le fatiche dei Napolitani non erano ancora giunte al fine. Avevano gli Austriaci, come abbiamo detto di sopra, allogato alcuni soldati in una casa posta a breve distanza del fiume, e sotto alla quale dovevano passare i diciasette.
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