Nč gli era ascoso, che l'Inghilterra allestiva un potente navilio in Sicilia per entrare armatamente nel regno; che male soddisfazioni covavano da gran tempo nelle province, e che non avrebbero queste mancato di manifestarsi scopertamente in favor dei Borboni, quando vi fossero pervenute le novelle dell'accostarsi dei legni inglesi alle coste di Napoli, e degl'imperiali alle Marche. Oltre di che, coloro che poco innanzi si erano offerti nella bassa Italia partigiani e aiutatori alla invasione di Murat, veduto ora che per gli errori evidenti di lui mancava la principale speranza, ch'era la liberazione della patria loro dallo straniero, si pentirono di aver posta fede in quella furia francese capace di tutto promettere e nulla o poco eseguire, e i miseri Italiani che giā ne avevan vedute tante, a questa volta si andavano peritando per non toccarne delle peggiori. Della quale loro peritanza varie erano le cagioni. E prima di tutto, Girolamo Buonaparte, giā re di Vestfalia e fratello a Napoleone, venuto a trovare Murat a Rimini, e accompagnandolo nella sua marcia verso Bologna, agl'Italiani che accorrevano premurosi per vederlo e visitarlo, rammentava con efficaci parole, ch'essi erano sudditi dell'imperatore de' Francesi, e non dovere in alcun tempo obbedire ad altro principe. A Bologna s'appresentava a Murat un giovine di Como, il quale faceva i suoi corsi all'universitā, deputato dagli studenti compagni ad offerire al re una intiera legione dei loro, per combattere nelle file dei Napolitani difensori della causa italiana.
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