Effettivamente, non dirò tutte, ma alcune delle schiere napolitane che marciavano per le Marche, comportandosi in tutto con militare alterigia, esasperavano i pacifici cittadini con le ruberie, le percosse, e più con lo sperpero ed il guasto che facevano di ogni cosa. Vana la vigilanza dei capi, dico dei primi, per impedire che tali esorbitanze si commettessero; vane le minacce dei militari castighi; vana la diligenza dei terrazzani a sottrarre le più utili cose o le più belle masserizie loro all'avidità dei rapitori: la sveltezza napolitana trovava sempre il modo di non partirsi da un luogo con le mani vuote. Peggio poi, che se domandavano i Napolitani il necessario alla vita per contentare gli onesti bisogni loro, non di rado ancora volevano il piacevole al corpo per saziare la vendetta o la sporca libidine; il che ogni dì più fomentava i mali umori che già passavano fra i soldati e le popolazioni. Finalmente un foglio di Bentinck, ricevuto dal re mentre attendeva agli assalti di Occhiobello, diceva, che stante la guerra mossa dal re all'Austria, senza ragione, senza avviso di sorta, erano rotti i patti dell'armistizio fra l'Inghilterra e Napoli, e aiuterebbe la prima con tutte le sue forze di terra e di mare l'amica Austria.
Tali cose tutte sapute e maturamente ponderate, e stimando Murat che l'operare tanto spartitamente e lontano da' suoi potrebbe infine condurlo ad un totale sterminio, il giorno 13 del mese si risolveva a comandare la ritirata, tanto più che gl'imperiali vedendo le cose loro in buona condizione ad Occhiobello, ne erano usciti sotto la condotta del generale Mohr, avevano due volte prostrato i regii, e liberato Laver dall'assedio.
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