Il 29 di aprile il quartiere generale del re fu trasferito in Ancona. Incominciavano a comparire in cospetto della città i generali Strongoli e Livron con le truppe loro, sebbene alquanto scemate di numero per le diserzioni avvenute. Contuttociò la presenza di quei corpi novellamente arrivati crebbe ardimento agli altri che li stavano quivi attendendo. L'esercito regio era tuttavia forte negli alloggiamenti di Ancona di più di ventotto migliaia di combattenti. Nè il coraggio era venuto manco; perocchè, ad eccezione di alcune leggiere avvisaglie in cui non mai si suole contendere della somma delle cose, le due parti non s'erano fino allora impegnate in un combattimento campale. Posto perciò il partito, se si dovesse dar battaglia ai Tedeschi e disordinarli intieramente su tutta la fronte loro, oppure trincerarsi in Ancona, aspettando dal tempo qualche maggior temperamento di fortuna. Murat medesimo stette un momento in forse se non sarebbe più conveniente l'abbracciare questa seconda deliberazione. Già gli altri capi, vedutolo titubare, andavano dicendo nel campo, miglior partito essere il ritrarre le restanti schiere in siti fortificati, spirar coraggio nei molti, dar sicurezza ai confidenti; il nemico si stancasse in piccioli affrontamenti, cercando di schivare i grossi, e l'intiero esercito per tal guisa accampato e confortato ricusasse ogni scontro coi Tedeschi infino a tante almeno che altri combattenti arrivassero da Napoli; uscirebbe allora di nuovo l'oste minacciosa ad affrontare un nemico imprudente e male avvisato.
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