Finalmente la stanchezza operando quello che nè anco le tenebre avevan potuto, ottennero i corpi quel riposo che di mala voglia consentivano gli animi a dimandare, e si fece fine alla battaglia. I Napolitani si riposarono vittoriosi dalle fatiche loro sulle alture contrastate.
Mentre in tal modo sormontava la fortuna di Napoli per l'incredibile ardire della guardia, il generale d'Aquino, sottentrato nel comando a d'Ambrosio ferito il dì avanti sul cominciare della battaglia, ebbe ordine di percuotere per forma i già sperperati Tedeschi, che fosse lor tolta intieramente ogni speranza di rattestarsi. Ma le cose non succedettero da questo lato così liete ai Napolitani, come lo avevano essi da principio bramato. Imperocchè, per fare che i suoi grossi e conglobati ricevessero nell'affrontamento minor male di quanto potessero inferire, d'Aquino spartiva la sua divisione in quadrati. Ma il suolo alpestre per le erte malagevoli e fangoso per le pioggie abbondantemente cadute, non permettendo che si conducesse questo genere di assalto, i quadrati furono facilmente disordinati e pesti dagl'imperiali. E come se fosse fatale, che d'Aquino perdesse tutto il vantaggio che Strongoli aveva quel giorno acquistato, al primo errore faceva egli tosto succedere un secondo; perocchè avendo mandato tre o, come scrivono altri, quattro compagnie di bersaglieri per ferire di costa il nemico, le lasciò nel calore della mischia in balìa di loro stesse, e tanto separate dai quadrati, che divenne impossibile il poterle soccorrere da vicino.
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