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      Secondo il parere di quasi tutti i generali che si trovarono presenti alla battaglia, le disposizioni prese da D'Aquino furono la causa principale delle perdite di quel giorno; tanto più, che senza uno spregio manifesto dalla parte di lui delle regole militari, la cavalleria nemica sarebbe stata impedita dalla qualità stessa del terreno dal recar danno di conseguenza nelle file dei Napolitani. A ciò si aggiunse che, avendo Bianchi nella notte ingrossato le sue legioni con genti fresche chiamate a partecipare con le compagne delle fatiche e dei pericoli della guerra. Murat s'indirizzò a Lecchi rimasto indietro quasi a riserva in Macerata, comandandogli se ne venisse con presti passi a raggiungerlo nei campi fra Macerata e Tolentino. Ma due cose sono principalmente da notarsi in una faccenda di tanto rilievo; la prima, che l'ordine del re fu mandato quando già era ingaggiato il combattimento fra le due parti; l'altra, che Lecchi stesso fu tardo a muovere dagli alloggiamenti la schiera di sussidio, nè il generale Maio che la doveva guidare camminò con quella speditezza che il caso e la necessità richiedevano da lui. E questa non fu l'ultima delle cagioni che tanto contribuirono ai rovesci dei Napolitani.
      Tali, quali li abbiamo ora raccontati, furono i risultamenti della battaglia che meglio forse si chiamerebbe di Cantagallo che di Macerata, perchè a Cantagallo succedette il più forte scontro, e della quale la infelice uscita rimane ancora soggetto d'incerta sentenza fra i contemporanei scrittori.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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