In brevi istanti ebbe riunito gli sbandati, riordinate le compagnie; e non risparmiando a fatica od a pericolo, li assicurava con la voce, coi gesti, e col molto travagliarsi della sua persona. Poi chiamò a sè gli ordinati, e disponeva all'assalto del ponte il valorosissimo sesto di linea; ma per mancanza di artiglierie già innanzi avviate a Porto di Fermo, e delle quali i nemici abbondavano, fu costretto a tornarsene indietro più che di passo. Non potè veramente conseguire Murat quello che più desiderava, perchè non ristorò la fortuna della giornata: ma ottenne almeno che i suoi tornassero ai soliti ordini, si rannodassero a fronte di un nemico incalzante, resistessero con un ultimo sforzo, e facessero dubbia la vittoria ai maravigliati Alemanni; in ciò tanto più da ammirarsi, che col suo personale coraggio che di nulla si sbigottiva, sostenne una zuffa, la quale già andava in manifesta declinazione. In questo mentre il colonnello Russo caricando co' suoi cavalli quelle bande distaccate dei Tedeschi, tanto bravamente le frenava nei luoghi occupati da loro, che non solo non osarono uscir fuori dagli alloggiamenti per combattere quando più ardeva la mischia, ma nemmeno inseguire vicinamente i muratiani nella ritirata. Pure gl'imperiali premevano davanti, ai fianchi ed alle spalle: i Napolitani allora si scompigliarono. Queste cose accadevano al fiume Chienti il dì 4 del mese di maggio, vale a dire un mese dopo che Filangieri aveva vinto al Panaro.
Mentre il sesto di linea e Russo da un lato, Strongoli e Lecchi da un altro, con le poche forze che loro restavano facevano quanto era in poter loro per ritardare il corso al baldanzoso nemico, e dar tempo a Murat di condursi a salvamento a raggiungere i suoi, il re pigliando confidenza da tanti sforzi contemporanei che tenevano a bada gl'imperiali, si difilava dirittamente per la strada che conduce a Civitanova.
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