Quattrocento Italiani, i pių uffiziali, partitisi sotto la guida del generale Neri dalle terre bagnate dal Po, e venuti presso Ferrara ad incontrare i Napolitani di cui ora seguitavano le bandiere, combatterono a Castello di Sangro con molto coraggio, e pių risoluti al morire che al vincere, poichč questo non poteva esser loro pių utile. I quali assalti condotti con singolare audacia e prestezza, facendo dall'un canto avvertito Murat che le sue sorti potevano ancora risorgere, dall'altro gli creavano abilitā di fermarsi a Pescara dove intanto era giunto, e quivi attendere a riunire i suoi. Ma egli, che in quel rovesciamento di cose sempre col pensiero si travagliava per ristorare la propria fortuna, o che credesse che il raccontato fatto gli sarebbe opportuno stromento di stabilire fermamente la vittoria, o che volesse vedere dappresso quello che in sč portassero le battaglie degli Abbruzzi, vi si condusse senza soprastamento alcuno. Al tempo stesso Pescara fu cinta d'assedio dalla gente di Mohr, che avanzavasi da quel lato.
Ora si avvicina il termine della tragedia. Posciachč il re non aveva per anco riuscito a' suoi fini nč per la via delle trattazioni nč per quella dell'armi, e conoscendo d'altra parte come bisognava riscuotersi dal mal passo in cui era ridotto, incominciō a pensare fra sč, se non si potesse trovare qualche pių efficace mezzo che gli aprisse un nuovo adito alla speranza. E perchč non ben ferma era la volontā dei soldati per le sconfitte precedenti, ed incerta la fede dei generali per le rivalitā loro con alcuni Francesi nč d'incorrotta fama nč di saldo valore, pensō di scuotere con qualche concetto allettativo l'affezione dei popoli, i quali in simili casi sono sempre i primi a pagare lo scotto.
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