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      Così da nissuno in Napoli fu fatto alla sventura insulto o villania, e l'ultimo uffizio dei Napolitani verso il principe loro fu una dolce, bella e per sempre lodevole dimostrazione di pietà.
      Incontrata la regina nelle interne stanze del palazzo e teneramente abbracciatala, con ferma voce e non conturbato aspetto le diceva Murat: "Signora, il cielo mi è testimonio che io ho voluto morire fra le ostili squadre; ma la nemica sorte non ha acconsentito questo solo conforto a' miei mali: ora tutto è perduto". - "Non tutto, rispondevagli la non meno tranquilla e generosa donna, se sapremo serbare nelle avversità la costanza inseparabile dalle grandi anime". Tutta quella notte scorse in parlamenti colla regina, coi fidati, coi ministri, ai quali volle prescrivere gli ultimi comandi, benefici, perchè pensati ad assicurazione della pubblica quiete, onorevoli, perchè dettati da re caduto e partente. Dipoi, insistendo ognora più dappresso il nemico, la mattina stessa del giorno in cui si accordavano i negoziati di Casalanza, Giovacchino salpava da Napoli accompagnato solamente da pochi del suo seguito, con animo di ricoverarsi dentro la forte Gaeta. Ma questo tentativo, dal quale gl'imperiali avrebbero ancora potuto riportare non lieve fastidio, gli fu attraversato dagl'Inglesi vigilantissimi sopra quella marina; onde veleggiò verso Provenza.
      Partiva Murat da Napoli. La fragile barca viaggiava alla volta di Francia portando il re, ma non seco denari nè ori nè arredi preziosi, perocchè quelli aveva egli dato generosamente pe' suoi Napolitani, e di questi non curò nell'infortunio.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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