Confortavano il vinto signore, non la mestizia apparente di una reggia abbandonata, nè le lagrime bugiarde di coloro che usi ad inchinare soltanto la prospera fortuna, null'altro sanno accordare alla misera che la sterile consolazione del pianto; ma lui salutavano la pietà e il dolore dei compagni nelle battaglie, memori della insieme acquistata gloria e della insieme perduta grandezza. Rimanevano di lui, ed ai posteri parlavano, l'intiero volume delle leggi composto a forma e sostanza migliore, gli ordini giudiziali più spediti e non tanto avviluppati, le forme loro non intricate nè incomode nè improvvide; l'amministrazione regolata; i facinorosi nelle Calabrie spenti, e le vie sicure ai viandanti; la pubblica istruzione, cosa di somma necessità in Napoli, più conforme alle opinioni del tempo; la capitale splendida per nuove strade, per belle e comode piazze, per magnifici palagi, per pubblici passeggi, e cinquanta suoi milioni di lire regalmente donati perchè si abbellisse; l'esercito numeroso e bene ordinato alle guerresche fazioni; un campo di Marte destinato agli armeggiamenti; i costumi meno incolti ed abbietti, gli uomini più pratichi della finanza, del commercio, della industria, il potere dei nobili più temperato, l'autorità della chiesa nelle temporali cose meglio intesa, la generazione presente curiosa di quanto accade nel mondo; un paese infine, in cui se non era civiltà perfetta, erano certamente buoni semi di civiltà.
Da un altro lato, partiva Murat, ma lasciava nel napolitano suolo molte passioni svegliate e non appagate; molti buoni dolenti del passato, molti amatori del nome e delle insegne di Francia incerti del futuro; un amore di soldati eccessivo, donde l'erario esausto in un regno fertile e ricco; i giudizii nei tribunali ponderati ed equi, ma la facile natura del principe sempre corriva a temperarne il rigore; perciò gli accusati baldanzosi per la quasi certezza dei perdoni, i danneggiati meno confidenti nelle sentenze imparziali della legge, e più pronti alle vendette.
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