I Francesi che avea seco condotti in Napoli costituiva in gradi molto eminenti nelle cariche civili e militari. Soldato, stimava il comandare superbo de' suoi diletti soldati gli dovesse imbrigliare le volontà soggette; ed essi ai mezzi non sempre badavano, e spesso oltre ogni termine trascorrevano; ma poi, solo che il rendessero pago di qualche militare rassegna, egli di buona voglia comportava loro ogni cosa. Amava i popolani per indole buona; corteggiava i baroni per vanità signorile; e chi un nome qualunque di feudo portasse, e principe o duca si chiamasse, era sempre sicuro di essere vezzeggiato da lui.
Quanto alle cose della capitale, la nuova che si diffuse rapidamente delle rotte toccate, nel che però si fece uso di un'arte grandissima, perchè erano anche esagerate e smentivano la fama sparsa pochi dì innanzi della vittoria di Tolentino, vi generò tale un timore, un terrore, che meglio si possono con la mente immaginare, che con le parole descrivere: in tutti operava possentemente la memoria degli atroci fatti del 99. Per la qual cosa la reggente, che per la lontananza della schiera di Manhes vedeva Napoli sguernita di difese ed esposta ai furori disordinati della plebe, chiamava e squadronava tutti quelli che abili si trovassero a portare le armi, animandoli eziandio coi discorsi, colle mostre e colla apparente ilarità del volto. Poi, addì 11 di maggio, quando già si udiva l'avvicinarsi degl'imperiali dalla parte di San Germano e degli Abbruzzi, il commodoro inglese Campbell, che da più giorni era nel golfo con alcuni legni della sua nazione, veniva minacciando di fulminare la città con palle e con bombe, se non gli si consegnavano le navi da guerra napolitane disarmate nel porto o che si stavano tuttavia costruendo, e con loro anche gli arsenali della marina.
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