Al che la donna, che di animo assai elevato e magnanimo era, rispondeva, di ciò non gli calesse; giungere anzi un tal suono molto grato alle orecchie dei napoleonidi; traesse pure. Traeva l'insolente Inglese, e proseguiva suo viaggio verso Levante.
Restavano Pescara a fronte, Ancona a tergo degli Austriaci. Ma vedutosi da coloro che le custodivano, che per la convenzione di Casalanza, e per essere oggimai tanto declinata la fortuna del re, la resistenza diventava inutile, incontanente si arresero, riconoscendo la nuova padronanza. Fu timore e bassezza, perchè pochi dì appresso quei comandanti (il generale Napolitani comandante del forte di Pescara, e il generale Montemajor di quello di Ancona), passarono lieti agli stipendi del Borbone. Restava Gaeta, sito di maggiore importanza per la fortezza del luogo poco accessibile dal lato verso terra, e munitissimo di artiglierie da quello di mare. Era stato preposto al comando della piazza il generale Begani, cui fu fatta la chiamata dagl'Inglesi e dagli Alemanni collegati, mettendo innanzi gli accordi con Bianchi. Rispose il generale a modo di soldato:
Non sapere di accordi; lui essere non signore, ma custode del sito; solo volerlo restituire a chi glielo aveva tanto confidentemente raccomandato; usassero gli avversari la forza. La cinsero tosto, e vi si affaticarono intorno gl'Inglesi dalla parte di mare, bersagliandola per molti giorni con le artiglierie loro; il generale Laver da quella di terra con un'adunata di schiere composta di Tedeschi, di Toscani e perfino di Napolitani.
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