Aiutava poi tutti questi sforzi del nemico la discordia introdottasi nel presidio; così che Begani, il dì 31 di maggio, si vide costretto a disarmare il 10.° di linea che s'era ammotinato, ed a lasciarlo uscir fuori della piazza. Dei rimasti, chi si voleva arrendere a discrezione; chi presentiva non altro che disgrazie e persecuzioni, e consigliava i patti; pochi volevano morire fedeli all'onor militare; e fra loro l'invitto Begani, il quale si affaticava per conservare al re Ferdinando i magazzini abbondantissimi di cannoni e munizioni da guerra che si trovavano dentro Gaeta, si mostrava risoluto di resistere fino agli estremi. Il generale Laver, avendo aperta la trincea la notte che precedette il dì 23 del mese di giugno, il giorno 15 di luglio incominciò a tempestare contra la piazza con quattro delle sue batterie, e così continuò fino ai 19 dello stesso mese; ma veduto che poco per tal modo profittava, e bramoso d'altronde di prevenire l'inutile spargimento del sangue, convertì l'assedio in blocco. Infine, crescendo i moti sediziosi negli assediati, e credendo Begani di avere fatto quanto da lui richiedeva la giurata fede al principe ed alla patria, e più ancora che dalla discordia vinto dalla fame, la quale necessitava pronti rimedii, il dì 8 del mese di agosto inclinava al seguente accordo: Godesse il napolitano presidio difenditore di Gaeta di tutti i vantaggi e privilegi guarentiti ai Napolitani dalla convenzione di Casalanza; niun individuo, militare o civile che si fosse, potesse essere ricerco o disturbato nella quiete della persona e delle robe a cagione delle sue precedenti opinioni, anche notoriamente contrarie alla borbonica dinastia; avesse il generale Begani la facoltà di fare un viaggio fuori del regno; i sudditi dell'imperatore d'Austria e del re di Francia, dei quali alcuni s'erano ricoverati dentro Gaeta per fuggire la persecuzione dei governi nuovi, dovessero rimandarsi alle case loro; i militari romani e piemontesi che in poco numero avevano seguitato le insegne napolitane, fossero raccomandati alla particolare benevolenza dei collegati acciò impetrassero loro i necessari perdoni, e frattanto venissero condotti per mare a Livorno.
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