Dopo tali memorabili manifestazioni da parte dei principi; dopo che questo governo attendeva con felice risultamento a far nuovamente fiorire la prosperità nazionale; dopo che lo Stato nostro aveva senza ostacolo alcuno ripigliati tutti i segni della sovranità, l'antica sua bandiera s'era già mostrata in tutte le spiagge, ed era stata ricettata in tutti i porti del Mediterraneo, noi rimanemmo ad un tempo sorpresi e profondamente addolorati in udire la risoluzione presa dal congresso di Vienna, quella vogliam dire, che delibera ed unisce questi nostri Stati agli Stati del re subalpino.
Tutto ciò che pei diritti di un popolo poteva farsi da un governo non da altre armi sussidiato che dalla ragione e dalla giustizia, noi sulla nostra coscienza certifichiamo di averlo fatto, ed anzi le corti principali d'Europa possono far fede che nulla di ciò noi non abbiamo trasandato o anche solo rimessamente operato. Non altro ora adunque rimane fuori che adempiere ad un onorevole, ma penoso incarico, protestando, siccome facciamo, che i diritti che hanno i Genovesi alla loro independenza possono bene essere conculcati, distrutti no.
Il qual atto di riserva non è in alcun modo inconciliabile con la profonda venerazione che professiamo ai sommi principi, i quali stanno ora trattando accordi in Vienna; ma è un atto che ci venne consigliato dal sentimento di ben adempiere al debito nostro; atto, che ogni libero Stato in simiglianti casi richiede da' suoi principali magistrati, e che sarebbe imitato dagli stessi onorati nostri vicini, avvenendo il caso che la primaria sede del governo loro fosse statuita in forestiera terra, ed il paese loro ad uno Stato più possente aggregato.
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