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      I gran cangiamenti urtano sempre dei numerosi interessi e delle vecchie affezioni. È anche troppo l'avere un solo di questi ostacoli da combattere: io credo che non sia concesso a verun'umana potenza il vincerli in un tempo ambedue.
      Dissi che i Toscani potrebbero resistere, forse per la ragione di star bene come sono, e che temerebbero di non esserlo più cangiando. Se si lascia il loro statu quo, lo che non mi sembra difficile, la loro opposizione non sarà più che negativa: sarà l'inerzia che rifiuta d'agire, ma non il furore che si oppone perchè non si agisca.
      Ciò non ostante è appunto, a mio parere, questo furore disperato che può aver da temersi negli Stati della Chiesa, e soprattutto nella stessa città di Roma.
      Allora si sarà formato nel centro del rinascente impero, un doppio scheletro di resistenza attiva e passiva, al quale verranno ad aggrupparsi tutti gli spengitoi dell'Europa.
      Sì, lo ripeto, quantità di Romani, dal seno stesso della loro ignoranza, del loro abbrutimento, risponderanno al nobile grido del risorgimento del Campidoglio: l'eredità dell'antica sua gloria ha lasciato qualche cosa di grandioso che parla tutt'ora alle ardenti immaginazioni dei figli di Romolo, dei discendenti di Rienzi. E l'effetto magico di queste grandi memorie si sosterrebbe anche, non ne dubito, se fosse umanamente possibile di ricollocare, senz'intervallo, per due milioni d'abitanti, l'esistenza del giorno avanti con quella del dì appresso.
      Panem et circenses fu sempre il grido dei popoli: e un popolo intiero che ha fame può rovesciar l'universo.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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