L'impresa sembrami assai dubbiosa, ove si tentasse di rovesciar tutto in un tempo per ricostruire in seguito tutto. Sono con altrettanto attaccamento che rispetto di Vostra Maestà,
L'umilissimo, ec.
Fin qui l'Autore Delle cause italiane, ecc.; il quale in più altri luoghi del suo libro si palesa persona minutamente informata di tutte le pratiche condotte a quel tempo col prigioniero dell'Elba per far risorgere l'Impero romano. Afferma ancora lo stesso Autore in un passo del suo libro, in nota, come cosa la quale non ammette alcun dubbio, che sul principio del 1814 l'imperatore non pensava onninamente alla Francia, e che vi pensò solo più tardi, quando seppe che il congresso di Vienna aveva deciso di trasferirlo a Sant'Elena, mercé le istanze del plenipotenziario francese Talleyrand. Il fatto seguente, che a me scrittore fu riferito siccome certissimo da autorevoli persone, mostra infine che Napoleone era sempre seriamente preoccupato del pensiero di uno sbarco in Italia, e che vi pensavano parimente alcuni Francesi, ai quali aveva egli confidato il segreto. Un nobile Milanese, che forse qualche cosa sapeva della congiura italiana, recatesi a visitare Napoleone all'Elba, vi fu da lui ricevuto con segni di sua singolare bontà. Uscendo dalle stanze dell'imperatore, uno dei generali del suo seguito (e se bene ricordo il nome di lui, fu Drouot) tirandolo a discorso sulle cose della nostra penisola, gli disse: "Se a Napoleone venisse in mente di tentare uno sbarco sulle coste d'Italia, dove credete voi ch'egli dovrebbe operare, in Toscana o a Genova?
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