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      Fermata la mente in questa risoluzione finale, aspettavano i muratiani, non senza un tal quale apparato di tranquillità nei discorsi e negli andari, quello che fosse per cacciarsi innanzi il benefizio della fortuna, la quale suole arrecare tante e sì continue variazioni nel corso della umana vita.
      Il primo giorno di maggio del medesimo anno 1815, prima di lasciare le sue stanze di Palermo, il re Ferdinando Borbone in un suo bando pubblico ai Napolitani, mandava: Avere dalla Sicilia udita la voce loro che un'altra volta lo invitava a salire sul trono de' gloriosi avi suoi, e lui essersi mosso prontissimamente a quella chiamata. Nè solo ora venire in Napoli, poichè lo accompagnava il favore degli augusti principi collegati, i quali hanno prima fatta giustizia alla santità de' suoi diritti, ed ora gli danno non dubbia promessa di aiutarlo anche con l'armi a ricuperarli. Sarebbe nondimeno il suo ritorno agli antichi Stati pacifico, infiorato soltanto di liete speranze, e verrebbe egli, non quale usurpatore che va in cerca d'imperii per farne suo pro, o quale avventuriere che accorre ai rimescolamenti a fine di pescare nel torbido, ma recare in vece al fedele suo popolo napolitano la gioia e la pace, e procaccerebbegli il godimento certo di giorni prosperi e felici. Buon popolo essere il napolitano, nè convenirsegli quella gloria, la quale nasce dai disordini, ma quella che sorge e si alimenta di opere oneste; dovere perciò i Napolitani, ad imitazione degli antichi loro compatriotti, conculcare gli stranieri, non vivere ad essi soggetti; a loro doversi appartenere i figli, le sostanze, il prodotto delle fatiche e della terra che li alberga.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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