Ricordassesi, inculcavano, della fine del secolo passato, e nella sua saviezza maturamente considerasse quanti mali fossero surti dallo avere i Piemontesi fatta debole resistenza in sull'Alpi ai tempi della repubblica francese. Superato una volta quel primo antemurale, essere nata una generale inondazione; per lei essere stata commossa dalle fondamenta la Lombardia, oppressa Genova, conculcata Venezia, sconvolta la Romagna, ito sossopra il reame di Napoli. Ora i tempi essere in vero mutati; ma non essere diverse le congiunture, e avvertisse sopratutto alla prossimità del Milanese, dove si mantenevano e alimentavano tuttora le reminiscenze del cessato dominio francese. Non mancasse adunque a sè stesso il re nè ai desiderii comuni; si facesse forte in sull'armi per poterle usare con vantaggio in guerra, con onore in pace od in tregua; tenessesi pronto a noiare la Francia di costa, mentre i collegati si apprestavano ad assalirla con impeto gagliardo di fronte, e l'Austria aspettava solo di essere fatta sicura dal lato della Lombardia per correre ad ingrossare gli eserciti confederati sul Reno.
Vittorio Emmanuele, quantunque non gli fossero ignoti i sentimenti personali dell'imperatore dei Francesi, assai pacifici a riguardo suo e del Piemonte, pure, per non venir manco in affare di sì gran momento alle speranze dei vicini che tutte stavano in lui raccolte, accettò prima di tutto i patti accordati in Vienna il dì 9 di aprile dell'anno 1815 fra i due suoi plenipotenziarii San Marzano e Rossi, e l'altro plenipotenziario inglese Clancarty, con cui si obbligava il re di entrare nella lega novellamente ordinata contro Napoleone.
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